Impossibile non conoscere il Lago Scaffaiolo e il suo celebre rifugio, meta in tutte le stagioni di escursionisti o semplici gitanti alla ricerca della bellezza del nostro crinale. Ma di rifugi al Lago Scaffaiolo ne sono stati costruiti addirittura quattro con fortuna e vicende alterne: questo racconto è dedicato al primo Rifugio, quando agli albori dell’escursionismo si decise di costruire un ricovero sulle sponde del Lago.
Si deve alla sezione CAI di Firenze, diretta da R.H. Budden, la costruzione di un modesto ricovero al Lago Scaffaiolo: ricovero che fu il primo rifugio dell’ Appennino Tosco-emiliano e venne inaugurato nel 1878, quando l’ Italia è ormai unita da diciotto anni e il crinale non separa più tre stati diversi,come dimostrano ancora i cippi confinari che si possono trovare sul crinale.Costo’ ben 800 lire, a cui contribuirono le sezioni CAI di Firenze e Bologna (100 lire cadauno), la Sede Centrale dello stesso CAI (50 lire) e la sezione CAI di Auronzo (20 lire); le restanti 530 lire furono raccolte tra gli alpinisti fiorentini per pubblica sottoscrizione, promossa dal conte Tommaso Digny. Era ,come detto, un rifugio modesto sorto a pochi passi dal lago, ma turbava pochissimo l’ambiente poiché costruito in pietra locale.Aveva un unico stanzone, con annesso uno stanzino più piccolo utilizzato come deposito di legna e viveri, e misurava 10×2,50 metri ed era alto 2,50 metri.
Fu inaugurato, appunto, il 30 giugno 1878, con grande concorso di folla, alpinisti-nel 1878 salire sul monte era considerata un’ascensione-, villeggianti ed autorità: oltre 300 persone si ritrovarono sulle sponde del Lago.
Il racconto dell’inaugurazione viene pubblicato in due puntate sul giornale “La Vedetta-Gazzetta del Popolo” di Firenze, in data 3 e 4 luglio e firmato da un cronista con lo pseudonimo di Fra Fazio.Il racconto è, ovviamente, entusiastico: “ L’alpinista troverà su quell’alta vetta un tetto che lo proteggerà dall’ impeto dei venti, dalle bufere della neve, dal diluvio dell’acqua, dal rigore del freddo; troverà modo di accendere un buon fuoco per far ritornare vigore alle membra intorpidite, e di riposarsi dalla stanchezza di una gita faticosa”.Bisogna considerare cosa aveva voluto dire partecipare all’ inaugurazione: la sezione fiorentina del CAI era partita il giorno prima, 29 giugno, ed era scesa alla stazione di Pracchia. Da Pracchia, in carrozza, erano giunti a San Marcello Pistoiese presso l’Albergo della Posta. Arrivati a San Marcello, vengono accolti dalla banda musicale e subito il sindaco imbastisce un discorso celebrando il primo rifugio sorto in Toscana. Sì, perchè era convinzione (all’ epoca e di tutti) che il Lago Scaffaiolo fosse toscano, in territorio pistoiese; la folla si raduna sulla piazza principale e, ascoltato il sindaco, si gode lo spettacolo dei fuochi artificiali. Ritirati gli ospiti nelle loro camere, gli stessi saranno svegliati la mattina dopo alle 2 grazie alle trombe della banda che, sotto le finestre dell’ Albergo della Posta suonano la sveglia. Dopo prima delle 3, la comitiva quindi lascia San Marcello Pistoiese ed inizia la lunga e faticosa ascensione, fino a vedere lo spettacolo, così scrive Fra Fazio, “ della linea imponente delle montagne che chiudono le antiche provincie toscane”. La lunga camminata inizia a farsi sentire: il passo diventa meno veloce, il sudore inizia a scendere, le fiaschette che contengono caffè,vino,acqua, cognac vengono svuotate.L’ascensione è condotta da una Guida- nel 1878 era impensabile non avere una Guida a capo del gruppo- e ad essa si rivolgono i meno esperti :”C’è ancora molto per arrivare al Lago?”.E poi, finalmente, si arriva al Lago, affollato di alpinisti e di abitanti dei paesi vicini vestiti con i loro abiti ricercati, e troviamo anche qualche dama intrepida che da Cutigliano è arrivata fino quassù.Ci sono tre bande musicali: la banda di Cutigliano, quella di Fanano, ed una fanfara costituita apposta per l’occasione che arriva da San Marcello Pistoiese. Troviamo anche somari sellati che hanno portato in cima gli alpinisti più comodi e di poca gamba, autorità che a vario titolo riempiono la giornata con discorsi solenni in attesa di rifocillarsi nella trattoria economica allestita nel rifugio.Terminati i discorsi e a pancia piena, si scende verso valle, questa volta in direzione di Cutigliano: così Fra Fazio racconta la strada “si chiama strada tanto per fare, giacchè non è altro che un viottolo tortuoso, ripido,ingrombo di massi, che segue talvolta il corso dei torrenti, è oltremodo pittoresca; ci sono delle situazioni,dei panorami di montagna e di vallate che non hanno riscontro altro che nella Svizzera, il paese pittoresco per eccellenza”.Ma il rifugio non avrà fortuna: subirà vandalismi, addirittura il forzamento della porta-chiusa a chiave ma apribile con una vigorosa spallata- e i mobili bruciati: tanto che la sezione di Firenze decide di lasciare il rifugio sempre aperto.Nel 1881, soggetto alle intemperie ed incustodito, il Rifugio è già in rovina; a causa, pare, della distruzione operata dai pastori che lì conducono i loro greggi.
Ma si avvicina il momento della prima ricostruzione….
-Fine prima parte-
Testo Fabrizio Borgognoni
Per il racconto completo di Fra Fazio: La Vedetta-Gazzetta del Popolo 3 e 4 luglio 1878.
Per una spassosa descrizione di una gita allo Scaffaiolo:Ugo Arnoaldi Veli “Una notte a Scaffaiolo”- Bollettino CAI nro 36-1878